La decisione della Flotilla: avanti verso il blocco israeliano
La notte ha portato una scelta definitiva: la Flotilla non cambierà rotta. Le imbarcazioni si dirigono verso la cosiddetta linea arancione, la zona del blocco navale israeliano. Da lì, la possibilità di un intervento armato dell’Idf diventa altissima. Gli equipaggi, consapevoli dei rischi, hanno ribadito che la missione non si fermerà nonostante i pericoli crescenti.
“I governi scelgono di non fermare la violenza, limitandosi a pressioni diplomatiche”, si legge nella nota diffusa nelle ultime ore. Per i promotori, le trattative mancate confermano la necessità di andare avanti.
Clima teso a bordo: guasti, sospetti e protocolli di resistenza
Le ultime ore di navigazione sono state segnate da guasti tecnici e allarmi improvvisi: la Familia Madeira ha subito un blocco del motore, la Johnny M ha imbarcato acqua costringendo l’equipaggio a un mayday e all’evacuazione da parte di Emergency. Nessuno parla apertamente di sabotaggi, ma il sospetto corre tra i marinai.
A bordo si ripassano i protocolli di resistenza non violenta. Intanto, la stampa israeliana riporta il potenziamento di ospedali come Assuta Ashdod e Barzilai, già predisposti ad accogliere eventuali feriti: un segnale che aumenta la paura.
Il governo italiano in allarme
Roma ha chiesto più volte alla Flotilla di fermarsi ben prima della linea rossa. La portavoce Maria Elena Delia ha confermato che l’Italia non può garantire una scorta navale fino a Gaza. Anche l’ipotesi di un incontro con la premier Meloni è sfumata.
Intanto, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha lanciato un messaggio chiaro: “Do per scontato che, se non succede nulla di più, gli attivisti vengano arrestati. Metterei la firma perché succedesse l’arresto senza altre conseguenze”. Ha poi aggiunto: “Il numero elevato di navi aumenta il rischio di incidenti”.