giovedì, Agosto 21

Doccia fredda dal Cremlino: salta l’incontro, garanzie a Kiev “controllate” da Mosca

Il ruolo di Washington e dei partner europei

Nei colloqui di inizio settimana a Washington, la Casa Bianca aveva spinto per definire una cabina di regia USA–UE–Ucraina sulle garanzie, con un coinvolgimento operativo americano soprattutto sul fronte aereo, mentre diverse capitali europee discutevano la possibilità di una missione di sicurezza sul terreno. L’impostazione puntava a offrire a Kiev tutele tangibili prima ancora di affrontare l’eventuale capitolo territoriale.

Obiettivo del Cremlino: allentare la pressione

Alla luce delle dichiarazioni di Lavrov, il “successo” dell’Alaska appare quantomeno tattico per Mosca: restare nel processo per diluire i tempi, smorzare l’irritazione di Trump per l’assenza di un cessate il fuoco e scongiurare nuove sanzioni secondarie (anche verso partner come l’India), senza cedere sugli elementi sostanziali. Nel frattempo, sul campo, il Cremlino continua a chiedere il ritiro ucraino dal Donbass come precondizione, senza offrire in cambio né restituzioni né garanzie credibili a lungo termine.

Che cosa aspettarsi adesso

Se Washington confermerà la linea sulle garanzie, il confronto entrerà in una fase di stress test: o si costruisce un ombrello di sicurezza realmente autonomo e deterrente, oppure l’intero impianto rischia di impantanarsi sul veto russo. Il trilaterale Putin–Zelensky–Trump, evocato nei giorni scorsi, oggi torna a essere un’ipotesi distante. Restano sul tavolo forme di pressione economica e diplomatica, mentre Kiev chiede di non abbandonare la leva sanzionatoria e di accelerare sulle tutele, unica base su cui poter discutere eventuali compromessi senza scambiare pace con vulnerabilità.

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