Al centro del dibattito ci sono le figure di Stefano Bonaccini, troppo vicino a Schlein secondo i critici, e di Dario Franceschini, da sempre riferimento dell’area cattolico-democratica. Entrambi potrebbero diventare decisivi nel disegnare i nuovi equilibri interni.
Ipotesi future e nomi alternativi
Nonostante le tensioni, Schlein non rischia nell’immediato la leadership. Le vittorie attese in Toscana, Campania e Puglia dovrebbero garantirle un margine di respiro. Ma la sconfitta nelle Marche ha accelerato le ipotesi di primarie anticipate per blindare la sua candidatura a Palazzo Chigi.
Intanto si rincorrono i nomi alternativi: da Giuseppe Conte, che però esce indebolito dal voto marchigiano, alla sindaca di Genova Silvia Salis, considerata da alcuni come possibile figura capace di unire il fronte progressista.
Un Pd spaccato tra sinistra radicale e centro moderato
La sensazione è che il Pd stia vivendo un conflitto di identità. Da un lato la linea “sinistra-sinistra” di Schlein, vicina ai temi internazionali e ai movimenti; dall’altro la richiesta di moderazione dei riformisti, che vedono nel risultato marchigiano la prova del fallimento dell’attuale rotta politica.
La partita è appena iniziata. Mancano quasi due anni alle elezioni politiche, ma il risultato delle Marche segna già un punto di non ritorno: se il Pd non troverà una sintesi, rischia di arrivare alle urne spaccato e indebolito.