L’obiettivo è quello di esaminare ogni elemento biologico presente su reperti mai analizzati prima, come confezioni di alimenti, tappetini, adesivi e altri oggetti sequestrati all’epoca o rinvenuti nelle ultime perquisizioni.
Una nuova udienza è già fissata per il 24 ottobre, momento in cui si farà il punto sull’andamento degli accertamenti genetici.
L’avvocato Tizzoni: “Perché non scavare anche a casa Stasi?”
Tra i commenti più significativi della giornata c’è quello dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni, storico legale della famiglia Poggi, che ha accompagnato i genitori di Chiara in tribunale per l’inizio dell’incidente probatorio. «Dopo 18 anni – ha detto ai cronisti – colpisce pensare che nessuno abbia mai scavato nel giardino di Stasi, né si siano cercate prove nei canali attorno a casa sua. Oggi finalmente si cerca anche lì, ma ci si poteva arrivare prima».
Il riferimento è alle recenti ricerche effettuate nel canale di Tromello, vicino alla casa della nonna delle gemelle Cappa, dove è stato trovato un martello compatibile con le ferite inferte a Chiara Poggi. Anche se al momento non c’è certezza sulla reale connessione con il delitto, il ritrovamento ha spinto i magistrati ad approfondire la pista e a includere nuovi soggetti nel confronto genetico.
“Siamo qui per difendere una verità già accertata”
«Noi non ci opponiamo agli accertamenti, anche perché non potremmo farlo – ha proseguito Tizzoni – ma è chiaro che siamo convinti della verità giudiziaria già stabilita in via definitiva. Speriamo solo che tutto quello che viene fatto ora sia messo in relazione con quanto è stato già ricostruito, altrimenti questi nuovi lavori rischiano di essere inutili».
Uno scenario che si complica
La riapertura del caso Garlasco – con un’indagine che vede ora tre magistrati al lavoro, una lunga lista di reperti riesaminati e nuove testimonianze acquisite – si muove in uno scenario investigativo sempre più fitto. Il confronto tra DNA, le perizie già acquisite e il materiale recuperato dopo quasi vent’anni dal delitto potrebbe riscrivere parti della storia processuale o rafforzare, ancora una volta, l’impianto accusatorio che ha portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi a 16 anni di carcere.