Nel frattempo, la stampa di opposizione si scatena. Francesco Boccia su Repubblica accusa: “Meloni è allergica al controllo democratico”. E Valter Verini, senatore PD, rincara la dose sulla Stampa: “Rivendica di aver liberato un torturatore e uno stupratore”.
Ma c’è anche chi invita alla riflessione. Il Foglio dedica un articolo dal titolo significativo: “La pazzia di una giustizia che processa pure il segreto di Stato”, in cui si sottolinea come questa vicenda rischi di minare l’equilibrio tra responsabilità politica e penale.
Giustizia e politica: equilibrio sempre più fragile
Il commento del Foglio evidenzia una criticità strutturale: “Se ogni decisione di governo può essere riletta come reato, allora non è solo un ministro a essere processato, ma l’idea stessa di governabilità”.
Secondo l’editoriale, la magistratura starebbe entrando in ambiti riservati alla sicurezza nazionale, mettendo a rischio anche il funzionamento dei servizi segreti. Un’escalation che potrebbe influenzare l’opinione pubblica in vista del prossimo referendum sulla giustizia, dando forza alle ragioni della riforma voluta dal governo.
Meloni non arretra: una leadership “diversa”
La premier ha scelto di non isolare i suoi ministri, anzi, di rafforzare l’immagine di una squadra coesa. Un gesto che molti giudicano come segno di forza e coerenza politica. In un contesto di tensione istituzionale crescente, la sua figura emerge come quella di un capo politico che non scarica mai la responsabilità sugli altri.
In politica, si dice, lo stile fa la sostanza. E Giorgia Meloni sembra volerlo dimostrare, giorno dopo giorno.