La legale ha sottolineato come la giovane abbia affrontato un iter processuale estenuante: 1675 domande, 35 ore di interrogatorio, 18 crisi di pianto, in otto casi tali da dover interrompere l’udienza. “Ha risposto sempre in modo coerente, non ha mai inventato nulla. Quando non ricordava, ha detto ‘non lo so’”, ha detto Bongiorno. “È stato garantito il contraddittorio, ma anche la vittima ha dei diritti”.
“Le ragazze vengono chiamate tro** nelle chat”
L’avvocata ha denunciato un contesto in cui il consenso femminile viene annullato. “Nelle chat sequestrate – ha spiegato – le ragazze sono regolarmente chiamate troie. Non importa se sono consenzienti, ‘non conta cosa vuole la tro*a di turno’, dicono. È un disprezzo totale dell’autodeterminazione”. Una cultura tossica che, per la senatrice e presidente della Commissione Giustizia, è ancora ben radicata nel 2025.
Bongiorno: “Questo è un processo su cultura e consenso”
“Non è solo una violenza di gruppo. È un atto che nasce da una visione distorta: l’uomo padrone, la donna oggetto. Se non capiamo la differenza tra una rissa da stadio e la violenza su una donna, allora non capiamo nemmeno il significato del consenso”. Ha aggiunto poi: “La libertà di una donna non può essere ridotta al nulla solo perché ha bevuto, perché ha pianto o perché è sotto processo”.
“Tutti parlano delle lacrime di Ciro, ma lei ha pianto per 18 volte”
L’avvocata ha criticato anche la narrazione mediatica che ha dato risalto alla commozione di Ciro Grillo nella precedente udienza. “Tutti parlavano delle lacrime di Ciro – ha dichiarato – ma anche la mia assistita ha pianto. E ha pianto per 18 volte. Nessuno ha pensato di denunciarla per calunnia, se davvero mentiva. Nessuno.”
Un processo decisivo per il futuro del diritto
Il processo, iniziato nel 2021, è legato a una denuncia presentata nel 2019 da una studentessa che sostiene di essere stata stuprata in una villa di Porto Cervo dopo aver perso lucidità a causa dell’alcol. I giovani accusati – Ciro Grillo, Francesco Corsiglia, Vittorio Lauria e Edoardo Capitta – si sono sempre dichiarati innocenti, sostenendo che i rapporti fossero consenzienti. Ma per Bongiorno, le prove e i contenuti delle chat parlano chiaro: “Questo processo non è solo una vicenda giudiziaria, è un segnale culturale. Oggi decidiamo quanto vale davvero la libertà di una donna”.
La sentenza è attesa nelle prossime settimane.