sabato, Novembre 23

Sharon Verzeni, interviene la criminologa Bruzzone

L’assassino sembra essere una persona con gravi problematiche psicologiche, che influenzano profondamente il suo modo di interpretare la realtà e le relazioni interpersonali. La scelta di portare con sé un’arma di grandi dimensioni indica una premeditazione, ma allo stesso tempo un’evidente disorganizzazione nel modus operandi.

 

Infatti, come sottolinea la Bruzzone, l’azione dell’aggressore è stata disorganizzata: Sharon Verzeni è stata lasciata sul luogo del delitto ancora viva e con il telefono a disposizione, un comportamento inusuale per un killer organizzato. Un assassino esperto, infatti, non lascerebbe mai la vittima in condizioni tali da poter chiedere aiuto o comunicare con l’esterno. Questo elemento, secondo la criminologa, indica chiaramente che non si tratta di un serial killer, ma piuttosto di una persona che ha agito in modo impulsivo, spinto da un senso di rifiuto o di umiliazione percepita.

Un Crimine di Opportunità

Le considerazioni di Roberta Bruzzone portano a pensare che l’omicidio di Sharon Verzeni possa essere stato un crimine di opportunità, compiuto da qualcuno che aveva sviluppato una fissazione malsana per la vittima. Questo tipo di aggressore potrebbe aver interpretato erroneamente segnali o comportamenti di Sharon, percependoli come un rifiuto o una sfida personale. Di fronte a questa percezione distorta, l’assassino potrebbe aver reagito in maniera violenta, senza una pianificazione dettagliata, ma piuttosto seguendo un impulso incontrollabile.

L’ipotesi che l’aggressore non conoscesse profondamente Sharon, ma che avesse sviluppato un interesse ossessivo per lei, apre nuovi scenari nelle indagini. Gli investigatori potrebbero dover concentrare le loro ricerche su individui che hanno avuto contatti superficiali con la vittima, ma che hanno manifestato comportamenti anomali o ossessivi. Questo potrebbe includere persone incontrate in contesti sociali, o frequentatori occasionali dei luoghi abituali di Sharon.

Conclusioni: Un Profilo Delicato e Complesso
Il caso di Sharon Verzeni, come evidenziato dalla criminologa Roberta Bruzzone, rappresenta un esempio di quanto complessi possano essere i fattori psicologici che conducono a un crimine violento. L’analisi di Bruzzone suggerisce che l’assassino non sia un professionista del crimine, né una persona vicina alla vittima, ma piuttosto un individuo con problemi psicologici profondi, che lo hanno portato a distorcere la realtà e a vedere in Sharon un obiettivo su cui proiettare le proprie frustrazioni.

Questa analisi fornisce una base importante per orientare le indagini verso ambienti specifici e persone con determinate caratteristiche psicologiche, che potrebbero non essere immediatamente sospettabili. Tuttavia, la complessità del caso richiede un approccio investigativo approfondito e multidisciplinare, capace di esplorare non solo i contatti più stretti della vittima, ma anche le interazioni occasionali che potrebbero aver scatenato una reazione tanto violenta quanto apparentemente inspiegabile.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *