Secondo gli esperti, possono esistere diverse possibilità:
- capi molto vecchi, acquistati anni fa e ancora circolanti nelle famiglie;
- prodotti artigianali o non certificati realizzati da piccole realtà che non seguono i parametri europei;
- abiti economici o importati da mercati poco regolamentati.
Bertocci ha ricordato che “un capo a norma non può presentare lacci liberi nella parte del collo. La normativa è talmente precisa che lascia pochissimo margine di errore”.
L’indagine: cinque educatrici indagate

Sulla tragedia la Procura ha iscritto nel registro degli indagati cinque educatrici, tra cui la maestra che ha tentato di soccorrere il bambino ed è poi stata colpita da una grave crisi di ansia. L’avviso di garanzia servirà a garantire la loro presenza all’autopsia e agli accertamenti tecnici irripetibili.
Gli investigatori stanno cercando di chiarire se ci siano stati ritardi nella vigilanza o nei soccorsi e soprattutto quanto tempo sia passato prima che qualcuno si accorgesse che Leonardo non riusciva a respirare.
Una tragedia che riapre un tema dimenticato
La morte del piccolo riporta al centro l’attenzione su un aspetto che spesso le famiglie ignorano: non tutti i capi per bambini sul mercato sono conformi alle norme europee. Vecchi stock, capi riciclati o acquistati senza etichette chiare possono nascondere rischi enormi.
In questo caso, proprio un dettaglio che sembrava insignificante — un semplice laccetto — ha avuto conseguenze irreparabili. E ora, mentre la comunità di Soci continua a piangere Leonardo, resta aperta la questione: si sarebbe potuto evitare?

















