I consulenti difensivi hanno evidenziato come diverse delle cosiddette “minuzie” – ovvero i punti caratteristici utilizzati per identificare un’impronta palmare – fossero in realtà semplici interferenze murarie. Secondo gli esperti incaricati dalla difesa, ben 15 minuzie ritenute compatibili con l’impronta di Sempio erano in realtà segni lasciati dal muro e non autentiche strutture papillari. Si tratterebbe, quindi, di elementi privi di valore identificativo.
La natura della traccia: sudore, non sangue
Un altro elemento fondamentale sollevato dagli esperti della difesa riguarda la natura della traccia stessa. Secondo la loro integrazione peritale, anche il RIS – ovvero il Reparto Investigazioni Scientifiche dei Carabinieri – all’epoca dei fatti aveva già escluso che l’impronta fosse stata lasciata da una mano insanguinata. Si tratterebbe quindi di una traccia lasciata da sudore, non da sangue come invece supposto da alcuni inquirenti.
Questa affermazione è sostenuta anche dalla constatazione che, nel 2007, i magistrati avevano cercato senza successo di recuperare il frammento di intonaco da cui era stata grattata via l’impronta, nel tentativo di effettuare nuove analisi. Il fatto che non sia stato possibile recuperare il materiale originale rafforza i dubbi sull’effettiva composizione della traccia.
La dinamica dell’impronta 33: un gesto involontario e frammentato
Ulteriori rilievi tecnici riguardano la modalità con cui l’impronta 33 sarebbe stata lasciata. I consulenti sostengono che la traccia non corrisponde in modo esatto – nemmeno con una tolleranza accettabile – all’impronta palmare di Andrea Sempio. L’immagine sarebbe il risultato di un contatto avvenuto in tre fasi distinte, generando una composizione non intenzionale, ma frutto di un movimento involontario.
Questa dinamica rende ancora più problematica una possibile identificazione certa, soprattutto se si considera che l’impronta appare come frammentata e sovrapposta, rendendo difficile stabilire una corrispondenza netta con una mano specifica.
Il dubbio sull’uso del software di identificazione automatica
Un ulteriore punto critico sollevato nella consulenza riguarda la metodologia utilizzata dagli esperti della Procura. Secondo la difesa, vi è il sospetto che i periti abbiano utilizzato un software di identificazione automatica per analizzare la traccia 33 e collegarla a Sempio. Tuttavia, questo dettaglio non è stato chiaramente riportato nella relazione ufficiale.
I consulenti della difesa contestano fortemente questo approccio, spiegando che i software di riconoscimento automatico delle minuzie non sono adeguati per l’analisi di impronte parziali o poco nitide come la 33. Tali strumenti tendono a generare corrispondenze basate su sovrapposizioni non fondate morfologicamente, il che potrebbe portare a identificazioni errate.
Le minuzie attribuite a Sempio: solo cinque forse compatibili
Un altro elemento importante emerso dalla nuova perizia è che solo cinque delle minuzie precedentemente individuate possono essere considerate – con forti riserve – compatibili con l’impronta di Andrea Sempio. Tuttavia, anche su queste cinque non c’è certezza assoluta della corrispondenza. Le restanti, invece, sarebbero state erroneamente considerate strutture papillari mentre erano, in realtà, semplici segni murari.
Questo aspetto riduce drasticamente l’affidabilità della corrispondenza tra l’impronta 33 e Sempio, rendendo sempre più debole l’ipotesi accusatoria fondata su tale elemento.
Anche i legali della famiglia Poggi sollevano dubbi
Non è solo la difesa del condannato Alberto Stasi a mettere in discussione l’attribuzione dell’impronta. Anche una consulenza presentata recentemente dai legali della famiglia Poggi ha sollevato perplessità tecniche importanti sull’identificazione della traccia 33 come appartenente a Sempio. Gli esperti della famiglia della vittima, dunque, si trovano paradossalmente allineati, almeno su questo aspetto tecnico, alla difesa dell’ex fidanzato di Chiara.
La posizione della difesa di Stasi: forse sangue, non sudore
Dal canto suo, la difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi, sta preparando una nuova memoria tecnica per sollecitare la Procura a svolgere ulteriori accertamenti. Secondo il team legale di Stasi, l’impronta 33 sarebbe invece “densa e ricca di materiale biologico”, facendo supporre una possibile presenza di sangue, nonostante le analisi precedenti l’abbiano classificata come sudore.
Questo contrasto tra le diverse letture della natura della traccia alimenta ancora di più il dibattito attorno alla validità e all’affidabilità delle prove utilizzate nel processo.