Tra gli elementi più significativi c’è una traccia biologica rilevata sulla lingua della vittima, individuata durante l’incidente probatorio dalla perita Denise Albani. Si tratterebbe, con ogni probabilità, di una reazione di Chiara che, durante l’aggressione, avrebbe morso uno degli assalitori nel tentativo di difendersi. Questo dettaglio potrebbe aiutare a identificare uno degli individui finora etichettati come “Ignoto 3”.
I nuovi nomi: chi entra e chi esce dalla scena del crimine
Le nuove analisi genetiche effettuate dalla procura sembrano scagionare alcune delle persone inizialmente finite nei sospetti a causa dei loro legami con Andrea Sempio, un altro personaggio secondario nella storia giudiziaria di Garlasco. Tra questi vengono esclusi Mattia Capra, Alessandro Biasibetti e Roberto Freddi, mai formalmente indagati ma coinvolti nelle indagini per la loro vicinanza ai protagonisti.
Al centro delle attenzioni ora c’è Michele Bertani, che secondo i nuovi accertamenti potrebbe aver avuto un ruolo ben più attivo rispetto a quanto ipotizzato in passato. Si ipotizza che il giorno dell’omicidio, Chiara abbia accolto in casa una o più persone, senza sospettare del pericolo imminente.
Segni di colluttazione e presenza di più aggressori
Le ferite sul corpo della giovane vittima rivelano una possibile presenza di almeno due differenti armi: una affilata e una contundente. Questo dato lascia presupporre che l’omicidio non sia stato compiuto da una sola persona. Inoltre, il DNA ritrovato sotto le unghie di Chiara indica che la ragazza abbia lottato con forza per difendersi.
Un ulteriore elemento significativo riguarda un’impronta palmare, chiamata “impronta 33”, trovata su un muro della scala che conduce alla tavernetta. Secondo una consulenza tecnica affidata al sostituto procuratore Stefano Civardi, l’impronta apparterrebbe alla mano destra di Andrea Sempio, elemento che, se confermato, aggiungerebbe un nuovo sospettato di primo piano.
Chiara trascinata giù per le scale: una scena modificata?
Secondo il medico legale Marco Ballardini, che si occupò dell’autopsia, il corpo di Chiara presentava una particolare lesione sulla coscia sinistra, definita “ecchimotico-escoriata”, compatibile con una pressione violenta esercitata con il tacco o la punta di una scarpa. Questo dettaglio contrasta con le calzature indossate da Alberto Stasi il giorno del delitto, né le Frau numero 42 né le Lacoste bronzo numero 41 presentavano un tacco in grado di provocare tale ferita.
Inoltre, l’ipotesi di un solo colpevole comincia a vacillare anche per motivi legati alla logistica. Secondo una relazione redatta già nel 2009 dal professor Francesco Avato, consulente della difesa Stasi, lo spostamento del corpo di Chiara fino alla tavernetta richiedeva probabilmente la forza di almeno due persone. La posizione in cui è stato ritrovato il cadavere, infatti, non combacia con un trascinamento effettuato da un’unica persona: vi sono due filiere distinte di gocciolature di sangue che suggeriscono un trasporto diviso in due parti del corpo, come se una persona avesse afferrato gli arti inferiori e l’altra il busto.
Un mistero ancora da risolvere
La riapertura dell’inchiesta da parte della Procura di Pavia apre scenari completamente nuovi in una vicenda che sembrava chiusa. La possibile presenza di più aggressori, le nuove tracce biologiche, le contraddizioni nei reperti e nelle testimonianze: tutti questi elementi pongono interrogativi profondi sull’effettiva dinamica dell’omicidio di Chiara Poggi.
Il caso Garlasco, a distanza di oltre 15 anni, continua a sconvolgere l’opinione pubblica italiana. Le nuove indagini potrebbero finalmente portare alla verità su quanto accaduto quella tragica mattina d’estate e, forse, restituire giustizia piena alla memoria di Chiara