Indagine per danneggiamento aggravato con metodo mafioso dopo l’esplosione che ha distrutto l’auto di Sigfrido Ranucci e danneggiato quella della figlia. Gli investigatori lavorano su polvere pirica pressata, innesco a miccia e poche immagini utili. Sullo sfondo, segnalazioni di boati nei giorni precedenti e il racconto di un “incappucciato”.
Che cosa è successo e dove
L’esplosione è avvenuta in serata a Campo Ascolano, sul litorale di Pomezia. La deflagrazione ha distrutto la Opel Adam del conduttore di Report e ha danneggiato una Ford Ka Plus della figlia, parcheggiate davanti alla villetta di famiglia. Secondo una prima ricostruzione, Ranucci sarebbe rientrato circa venti minuti prima dello scoppio.
Gli elementi tecnici dell’ordigno
Dai primi rilievi emerge un ordigno artigianale ad alto potenziale, verosimilmente composto da polvere pirica pressata in quantità superiore al chilo. In questa fase non risultano indicazioni su un timer: l’ipotesi prevalente è un innesco a miccia, con il dispositivo lasciato tra due vasi all’esterno del cancello. Gli artificieri dei carabinieri stanno analizzando i reperti per confronti con altri episodi recenti sul litorale romano e nell’hinterland.
Pochissime immagini: una sola telecamera lontana
La strada del villino non risulta coperta da impianti di videosorveglianza privati. L’unico dispositivo utile, a circa 50 metri, è una telecamera montata su un semaforo pedonale, che in campo lungo inquadra anche il fronte dell’abitazione. Gli inquirenti sono al lavoro per capire se abbia ripreso l’arrivo o l’allontanamento dell’autore.
La sicurezza del giornalista e le abitudini
Le indagini coordinano accertamenti su orari e movimenti, ipotizzando anche sopralluoghi preliminari dell’autore o di un gruppo. La protezione personale di Ranucci, attiva negli spostamenti, non prevede vigilanza esterna continuativa quando il giornalista è in casa: un possibile punto debole che sarebbe stato sfruttato per collocare l’ordigno.