Secondo Feltri, il movente giudiziario che ha portato alla condanna sarebbe completamente infondato. «La sua colpa? Essere il fidanzato della vittima», scrive. E accusa direttamente il sistema giudiziario e mediatico: «Per comodità si è sposata una tesi accusatoria che media e inquirenti hanno abbracciato, schiacciando la vita di Alberto».
“Il vero assassino è scappato. Non per astuzia, ma per pregiudizio”
Il punto più duro dell’intervento arriva quando Feltri affronta la questione mai risolta su chi sia il vero responsabile:
«Io sono convinto fin dall’inizio che il vero assassino l’abbia fatta franca, non per aver compiuto il delitto perfetto, ma per via di un pregiudizio che ha accecato le indagini. Quando ti innamori di una teoria, perdi di vista la giustizia».
Un monito alla magistratura: “Non trasformate un errore in ergastolo”
Mentre la Procura e i RIS scavano tra nuove perquisizioni, intercettazioni e un possibile martello ritrovato, Feltri lancia un monito: «L’errore iniziale non può diventare una catena perpetua».
Secondo il giornalista, questo nuovo capitolo processuale sarà decisivo per chiarire se Stasi sia stato davvero colpevole o solo la vittima più comoda di una ricostruzione forzata. Il messaggio è chiaro: «O si dimostra la sua colpevolezza con prove concrete o bisogna ammettere che siamo di fronte a uno dei più grandi errori giudiziari degli ultimi vent’anni».