L’ipotesi è che l’assassino abbia utilizzato i sacchetti non solo per uccidere Liliana, ma anche per evitare tracce ematiche e facilitare l’occultamento del cadavere, poi rinvenuto in una zona appartata del parco. Una teoria che, se confermata, ribalterebbe lo scenario ipotizzato fino ad ora.
I dubbi del fratello di Liliana
Non tutti però credono a questa ricostruzione. Sergio Resinovich, fratello della vittima, resta scettico. Il suo consulente, il professor Vittorio Fineschi, precisa: “Le petecchie non sono obbligatorie in un caso di soffocamento. La letteratura scientifica riporta che nel 30% dei casi possono anche non essere presenti”.
Un parere che riapre i dubbi: si è trattato di un omicidio volontario o di una morte non pianificata, seguita da un tentativo di inscenare un suicidio? Per molti, la verità è ancora lontana.
La testimonianza di Gabriella: “Un omicidio premeditato”
Ad avvalorare la tesi dell’omicidio volontario è anche Gabriella, una cara amica di Liliana. Secondo la donna, l’assassino aveva un piano preciso: “Sicuramente quella persona aveva già le idee molto chiare. Non solo l’ha uccisa, ma ha anche inscenato un suicidio. Non si è trattato di un gesto impulsivo, ma di qualcosa di studiato a tavolino”.
La convinzione di Gabriella è che l’occultamento del cadavere e la messa in scena trovata dagli investigatori non siano casuali. Secondo lei, il killer ha voluto depistare le indagini e gettare un’ombra sulla vita privata di Liliana.
Un caso ancora aperto
Il caso Resinovich continua a dividere l’opinione pubblica e gli stessi investigatori. Dopo più di due anni dalla morte, le domande sono ancora troppe e le certezze poche. La comunità di Trieste attende risposte, mentre le nuove consulenze alimentano l’ipotesi di un delitto premeditato.
Sarà l’analisi delle nuove prove a fornire finalmente la verità? O il mistero sulla morte di Liliana Resinovich resterà senza soluzione? Solo il tempo e la giustizia potranno dirlo.