Il mistero dei coltelli nell’auto di Sebastiano Visintin
Il caso della scomparsa e della successiva morte di Liliana Resinovich, avvenuta nel dicembre del 2021 a Trieste, continua a suscitare forti interrogativi e ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica.
Al centro dell’indagine ci sono ora alcuni filmati di videosorveglianza che, secondo la Procura, mostrerebbero gli ultimi momenti di vita della donna. Tuttavia, un’analisi forense indipendente ha sollevato numerosi dubbi sull’identità della persona ripresa nelle immagini.
L’indagine forense condotta da Sara Capoccitti
A esprimersi in merito alle immagini è Sara Capoccitti, nota criminalista e analista forense, fondatrice del progetto Forensically. In collaborazione con Luca Macerola, esperto del marchio Leica, la dottoressa ha effettuato un approfondito esame dei fotogrammi che immortalerebbero il presunto ultimo tragitto della donna.
Il loro studio si è concentrato su tre punti precisi: via San Cilino, dove una figura femminile appare mentre getta la raccolta differenziata; via Damiano Chiesa, nei pressi della scuola di polizia; e piazzale Gioberti, dove si vede una sagoma attraversare sulle strisce pedonali.
“Impossibile affermare scientificamente che sia Liliana”
Secondo la dottoressa Capoccitti, non esiste alcuna certezza scientifica per identificare con sicurezza la donna ripresa nei video come Liliana Resinovich. “Abbiamo osservato attentamente l’altezza della figura nei filmati – afferma – ed è compatibile con quella riportata nell’autopsia: circa 156 centimetri. Ma un dato del genere, da solo, non è sufficiente per un’identificazione formale”.
Uno degli ostacoli principali è rappresentato dalla scarsa qualità delle immagini e dalla presenza di accessori che coprono il volto della donna. “La persona che si vede nei filmati indossa una mascherina e uno scaldacollo nero”, spiega Capoccitti, “e quest’ultimo non figura tra gli oggetti ritrovati sul corpo di Liliana al momento del rinvenimento”.
Dettagli discordanti e difficoltà tecniche
Altri elementi alimentano i dubbi. Per esempio, la colorazione dei pantaloni della donna nei video appare diversa rispetto a quelli trovati accanto al cadavere. Non è chiaro se si tratti di un effetto ottico dovuto alle condizioni di luce, alla risoluzione della videocamera o a un reale cambio di indumenti.
Inoltre, la telecamera mobile montata su un autobus, che ha registrato le immagini in piazzale Gioberti, introduce ulteriori incognite: “Essendo in movimento, non possiamo determinare con esattezza il tragitto che la persona ha seguito dopo quel punto”, chiarisce l’analista.