L’Iran minaccia di chiudere lo Stretto di Hormuz: petrolio in volo, Europa in allarme
Le tensioni tra Stati Uniti, Israele e Iran hanno raggiunto un nuovo apice. Dopo il raid statunitense contro i siti nucleari iraniani, un consigliere del Leader Supremo iraniano ha evocato apertamente la chiusura dello Stretto di Hormuz come una delle possibili ritorsioni. Una mossa che avrebbe conseguenze catastrofiche per il commercio energetico mondiale.
Perché Hormuz è cruciale per il petrolio mondiale
Attraverso lo Stretto di Hormuz transita circa il 30% del petrolio globale. Una sua chiusura equivarrebbe a interrompere una delle arterie vitali dell’approvvigionamento energetico globale. Il prezzo del WTI è già balzato fino al +13%, stabilizzandosi poi intorno ai 77 dollari al barile. Ma gli analisti temono che possa toccare quota 90 già nei prossimi giorni.
Le simulazioni di Oxford Economics parlano chiaro: se Hormuz venisse bloccato, il prezzo del greggio potrebbe impennarsi fino a 130 dollari al barile. Una soglia insostenibile per molte economie, specie per l’Europa.
Italia a rischio: inflazione, bollette, crisi
L’Italia, come il resto dell’Unione Europea, è fortemente dipendente dalle importazioni energetiche. Il blocco del traffico marittimo nello stretto farebbe esplodere i costi del petrolio e del gas, riflettendosi immediatamente in bollette più alte per famiglie e imprese, rincari nei trasporti, aumento dei costi industriali e inflazione generalizzata.
Secondo Start Magazine, ogni aumento di 10 dollari del prezzo del petrolio genera +0,4% di inflazione e un calo dello 0,4% del PIL. Se si arrivasse davvero a 130 dollari, il rischio concreto per l’Italia è quello della stagflazione: inflazione elevata con stagnazione dell’economia. Un incubo per cittadini, aziende e politica fiscale.
Le catene globali a rischio blocco