Garlasco, novità clamorose su Andrea Sempio: riaperta l’inchiesta sul caso Chiara Poggi
Diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, una delle vicende più controverse della cronaca nera italiana, emergono nuove e inaspettate novità. La Procura di Pavia ha dato avvio a un nuovo filone investigativo che coinvolge nuovamente Andrea Sempio, un nome già noto agli inquirenti sin dalle fasi successive al delitto.
Nella giornata del 14 maggio 2025, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano hanno effettuato una serie di perquisizioni a Garlasco. I controlli sono stati eseguiti nell’abitazione di Andrea Sempio, ma anche nelle case dei suoi genitori e di due amici a lui vicini. L’obiettivo? Ricercare nuovi elementi utili a fare chiarezza su uno dei delitti più discussi degli ultimi decenni in Italia.
Chi è Andrea Sempio e perché torna al centro dell’attenzione
Andrea Sempio è un amico di Chiara Poggi, già entrato nel radar degli investigatori nel 2016. A far riemergere il suo nome fu la criminologa Roberta Bruzzone, consulente della difesa di Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima e condannato per l’omicidio.
Secondo quanto sostenuto all’epoca, sotto le unghie della ragazza sarebbero state individuate tracce di DNA compatibili con il profilo genetico di Sempio. Tuttavia, nel 2017 l’indagine nei suoi confronti fu ufficialmente archiviata. I giudici ritennero insufficienti le prove per collegarlo al delitto, chiudendo così ogni ipotesi alternativa rispetto alla colpevolezza di Stasi.
Ma le cose oggi potrebbero cambiare. Le autorità hanno deciso di riaprire il caso proprio alla luce delle tecnologie più avanzate oggi disponibili. Strumenti digitali, nuove metodologie di analisi e la possibilità di confrontare dati genetici con maggiore precisione potrebbero rappresentare un punto di svolta nell’intera vicenda.
Il delitto di Chiara Poggi: una ferita ancora aperta
Il 13 agosto 2007, Chiara Poggi, giovane di 26 anni, venne trovata priva di vita nella villetta di famiglia a Garlasco. Il suo corpo fu scoperto proprio dal fidanzato, Alberto Stasi, che allertò i soccorsi. La ragazza fu uccisa con un oggetto contundente, mai ritrovato.
Dopo anni di indagini, processi, sentenze e appelli, nel 2015 la Cassazione condannò in via definitiva Stasi a 16 anni di reclusione per omicidio volontario. Tuttavia, la sua colpevolezza è stata spesso messa in discussione da parte dell’opinione pubblica e da alcuni esperti del settore, anche a causa di lacune investigative riscontrate nelle prime fasi delle indagini.